Ottobre 2004

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di Paolo Redaelli
C'era questo verso di una canzone, che rimbalzava nell'etere
tanti anni fa: "Volevo essere un tuffatore, per rinascere
ogni volta dall'acqua all'aria". Tanto forte e incisivo
da imprimersi nella memoria (l'ho sentita anchio' da qualche
parte) e, a distanza di anni, velicare fantasie, sollecitare
immaginazione, spingere una serie di autori italiani a scriverne,
ad accostare a quelle parole musicate musica, altre parole
Flavio Giurato (Roma, 1949) non è tra le figure più note
del cantautorato italiano. Una vita vissuta volontariamente ai
margini, dopo aver realizzato tra il 1978 e il 1984 tre album
("Per futili motivi", "il Tuffatore" e "Marco
Polo") scomparendo per poi dedicarsi ad altre cose: il cinema,
la televisione. Un apprendistato a Londra come musicista da metropolitana,
la conoscenza con l'idolo Nick Drake, la frequentazione di atmosfere
musicali non proprio tipiche da cantautore. Una figura singolare,
sui generis, un "tuffatore" letterario, innovativo,
fortemente politicizzato che sparisce - volontariamente - tra
i gorghi di una scena musicale italiana dominata da lucidalla,
antonellivenditti, franceschidegregori per riemergerne solo dopo
parecchio tempo, sull'onda, appunto, di questo "cidilibro",
interessante operazione musical letteraria della No Reply che
intorno alle canzoni di Giurato ha chiamato a raccolta scrittori
noti e meno noti, raccogliendo poi quelle canzoni in un cd dal
vivo con 14 brani che circola allegato al libro, in cui Flavio è accompagnato
dal fido Piero Tievoli alla chitarra.
Alcune cose sono godibili, davvero. C'è il solito ironico
Aldo Nove che spiega cosa significhi "Diventare a Viggiù un
tuffatore". C'è il bel racconto di Gianluca Mercadante, "Lupetto" ispirato
da "Il rondone". Altre sono mirabili. Come "Un
raggrenellarsi al sole non più di un quarto d'ora superata
la mezza" con Guido Celli che imbastisce un romanzo epistolare
intorno al triangolo amoroso di "Mauro". O "Giulia" dello
scrittore magistrato Giandomenico Carofiglio che costruisce un
mini thriller su "Il tuffatore". Alcune sono insostenibili
come "La Sgherla" di Giuseppe Caliceti o "PPP" di
Luca Ragagnin (difficile arrivare in fondo). Altre fulminanti
nella loro brevità come "Silvy 390" ispirato
da "Silvia Baraldini" o "Il tuffo" di Davide
Pinardi, o "I lupi" di Enzo Fileno Carabba. Tutte però,
riuscite o meno, sono accomunate da un grande amore per questo
outsider della canzone d'autore che è riuscito ad influenzare
comunque tanti artisti.
C'è poi un'interessante parte critico-sentimental-esegetica,
in cui scopriamo che Giurato vanta estimatori che vanno dai giornalisti
Andrea Vianello (sì, l'ineffabile conduttore di "Enigma"),
Antonio Dipollina ed Ernesto De Pascale a musicisti come Simone
Lenzi dei Virginiana Miller, che fornisce una lucidissima interpretazione
della sua poetica e della sua musica.
Un lavoro importante, che - forse - richiamerà l'attenzione
su un musicista bravo e sottovalutato. Peccato che il cd, della
canzone-manifesto "Il tuffatore" offra solo un paio
di schegge. Ma forse è un invito preciso a rintracciare
quel disco ormai perduto nella polvere del tempo.

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